Cambio di destinazione d'uso di un immobile
Il Cambio di destinazione d’uso di un immobile
La destinazione d’uso indica l’insieme delle finalità e delle modalità di utilizzo di una costruzione edilizia.
Può accadere che, per bisogno o per scelta, nel corso degli anni il proprietario di un immobile ne modifichi la “destinazione d’uso”, trasformando ad esempio un’abitazione in un ufficio o viceversa. Per consentire tale variazione, si rende necessaria la cosiddetta pratica del “cambio di destinazione d’uso”.
Le principali destinazioni d’uso sono tre: industriale, residenziale e commerciale.
Le norme del Piano Regolatore Generale
Il cambio di destinazione d’uso viene effettuato prima dal punto di vista urbanistico (presso l’Ufficio Urbanistica del Comune in cui è ubicato l’immobile) e successivamente da quello catastale (viene aggiornata la parte fiscale e quindi il Catasto). La trasformazione deve avvenire obbligatoriamente con domanda dei titoli di autorizzazione e controllo delle Norme di Attuazione del Piano Regolatore Generale (PRG) del Comune (ciò significa che non esistono regole valide per tutta l’Italia, ma che ogni Comune ha le sue specifiche regole da rispettare), altrimenti si va incontro ad un abuso edilizio.
L’autorizzazione urbanistica
Il cambio destinazione può portare a delle spese per costi di urbanizzazione obbligatori elevati, variabili a seconda delle normative della Regione in cui l’immobile è ubicato.
Quando la trasformazione di un locale è all’interno di un Condominio, è bene ricordarsi che il regolamento Condominiale interno potrebbe vietare la variazione anche se il PRG lo consentisse. In questo caso, la questione dovrà essere sottoposta all’assemblea condominiale che dovrà esprimere parere favorevole.
I cambi urbanisticamente rilevanti
Il decreto Sblocca Italia del 12 settembre 2014 ha semplificato i cambi destinazione urbanisticamente rilevanti, definendo anche le quattro categorie:
• residenziale e turistico-ricettive, dove le prime sono abitazioni di qualsiasi genere, anche se utilizzate in modo promiscuo (abitazione, studio professionale o affittacamere) purché la prevalente superficie dell'unità sia adibita ad uso abitativo, mentre le seconde sono residenze turistico-alberghiere, campeggi ed aree di sosta, nonché ostelli e altre attività extra-alberghiere;
• produttiva e direzionale, quindi industrie, laboratori artigiani, corrieri, magazzini ed imprese edili, laboratori di riparazione e simili, officine e carrozzerie e, in genere, ogni attività finalizzata alla produzione di beni o servizi o alla trasformazione di beni o materiali, anche quando comprendono, nella stessa unità, spazi destinati alla commercializzazione dei beni prodotti dall'azienda; banche, assicurazioni, sedi preposte alla direzione ed organizzazione di enti e società fornitrici di servizi, centri di ricerca, fiere, uffici privati e studi professionali in genere;
• rurale, ossia immobili dedicati alla produzione agraria, allevamento e forestazione, attività e servizi connessi e compatibili, campi coltivati, colture floro-vivaistiche, boschi, pascoli, abitazioni rurali, annessi agricoli e serre, costruzioni per allevamenti zootecnici, agriturismi, agri-campeggi;
• commerciale, cioè all'ingrosso, negozi di vicinato, media distribuzione, le attività commerciali di grande distribuzione, le attività commerciali all'ingrosso, i mercati, le esposizioni merceologiche e le attività di somministrazione di alimenti e bevande come ristoranti, bar, pub, ecc.
E' importante precisare che, nel caso in cui l'unità fosse interessata da diverse destinazioni d’uso, si assegna quella prevalente in termini di superficie utile. In pratica, se un’unità è produttiva al 50,01% e commerciale al 49,09 %, allora trattasi di immobile produttivo. Ovviamente, le due attività devono essere collegate: se la produzione riguarda alimenti, non si potranno vendere scarpe!
I cambi urbanisticamente rilevanti riguardano quindi il passaggio di un immobile da una delle categorie all’altra di quelle elencate sopra (esempio: da un’abitazione – che è residenziale – a un negozio – che è definito industriale -), con o senza il bisogno di lavori, mentre non si tratta di passaggi rilevanti la modifica di destinazioni d’uso appartenenti alla stessa categoria, quindi da un’abitazione (residenziale) a un affittacamere (turistico-ricettive).
L’autorizzazione catastale
Dal punto di vista catastale, mentre si ottiene il titolo autorizzativo ed eventualmente quello per effettuare opere edilizie, occorre la presentazione di cambio d’uso catastale all’ex ufficio dell’Agenzia del Territorio, poiché ciò comporta anche una variazione delle imposte come quali IMU, TASI e TARI. Inoltre, prima di usare l’edificio come nuova destinazione, occorrerà avere il Certificato di Agibilità del Comune, fornendo anche i permessi, la dichiarazione di variazione catastale ed eventuale altra documentazione.
Quali pratiche edilizie sono necessarie?
Il cambio di destinazione d’uso, anche se attuato con lavori di modesta entità o senza opere, si configura come una ristrutturazione edilizia, soggetta a Permesso di Costruire, a meno che il cambio non avvenga nella stessa categoria di destinazione d’uso. Ad esempio, per una modifica da ristorante a bar, è possibile utilizzare la CILA, la Comunicazione Inizio Lavori Asseverata, grazie a uno snellimento introdotto dal DL Semplificazioni 2020.
Il servizio del Tecnico
Essendo tutte queste operazioni piuttosto complesse, con regole diverse in base alle Regioni e ai Comuni, bisogna rivolgersi ad un Tecnico (Architetto o Geometra) per la realizzazione delle pratiche. I tempi necessari per il cambio di destinazione d’uso senza interventi di modifica strutturale sono abbastanza veloci. Al Tecnico ci vorranno solo alcuni giorni per le indagini del caso, per avere l’autorizzazione dal catasto, per seguire i rilievi, i disegni e la relazione. In una settimana o al massimo in 10 giorni, la documentazione potrà essere consegnata all’ufficio del protocollo. Nel caso invece in cui siano necessari dei lavori, ci sarà bisogno di un po’ di tempo in più, secondo le particolari difficoltà delle circostanze.
I costi totali del cambio comprendono le spese delle opere edilizie (se il caso lo richiede), l’onorario del professionista che effettua le pratiche urbanistiche e catastali ed eventualmente la direzione dei lavori, più il pagamento degli obblighi di urbanizzazione.